Progetti
La terapia della bambola
La terapia che adotta l’uso delle bambole, chiamata anche “Doll Therapy” ha origine in Svezia, in un paese specializzato nella produzione di questi oggetti da gioco o da abbellimento domestico. Essa consiste nel ricorso all’oggetto bambola, che riveste gradualmente un significato simbolico in grado di aiutare a migliorare il benessere delle persone con problematiche che compaiono generalmente in età avanzata, quali disturbi cognitivi, come l’Alzheimer ed alcune patologie psichiatriche gravi caratterizzate da disturbi del comportamento.
Ultimi progetti
Emotion Food
Tocco massaggio
Snoezelen-terza fase
Oasi
Mister 14
Obiettivi del progetto:
Dirigere l’attenzione di una persona affetta da disturbi cognitivi o da patologie con compromissioni simili verso un compito semplice, come quello di un accudimento di una bambola, evitando la congestione del pensiero dovuta alla concentrazione su idee e stati affettivi che, non avendo un filo di unione, generano stati di confusione e di disagio che vengono manifestati spesso con disordini del comportamento. Consentendo di creare un contesto per rispondere ad alcuni bisogni universali privi di limiti di età, quali quello di sentirsi utili e capaci di svolgere ancora delle attività quotidiane, di dare affetto e di prendersi cura di qualcuno, ma anche di esprimere emozioni primordiali e naturali.
Funzione terapeutica:
1) l’accettazione della bambola;
2) la ricerca di quest’ultima;
3) le interazioni verbali con l’oggetto (es. il parlare alla bambola);
4) il cullare;
5) l’abbraccio o la tendenza a stringere al petto;
6) la cura dell’abbigliamento;
7) il sorriso diretto;
8) il sorriso alle persone presenti;
9) il canto di una ninna nanna;
10) ogni forma di gioco con l’oggetto;
11) il contatto continuo;
12) l’accarezzamento.
Obiettivi del progetto:
Il progetto Emotion Food é stato pensato per dare una valida alternativa al frullato utilizzato fin ora per aiutare gli ospiti con difficoltà di deglutizione.
È un prodotto naturale al 100% vegetale con gusto neutro che viene aggiunto all’alimento base (carne, pesce, pasta, verdure, ecc…).
Viene lavorato (omogenizzato) con aggiunta di liquido (acqua, salse, ecc..) e in seguito versato nelle forme apposite per riconoscere l’alimento e migliorare la presentazione del piatto.
Grazie al suo tenore di acqua facilita la deglutizione a coloro con problemi di disfagia e masticazione.
Obiettivi del progetto:
Prendersi cura dell’anziano significa anche prendersi cura del suo corpo, cioè dei suoi bisogni fisiologici primari; ma toccare il suo corpo significa prendersi cura dell’espressione di sé di una persona, di una storia di vita inscritta in quel corpo che, come in ogni altra età, ha bisogno ancora di essere accarezzato, toccato, abbracciato a conferma del suo esistere e contare per qualcuno. Si può toccare un corpo come un oggetto o come un soggetto vivo.
Che cos’è il tocco massaggio:
Il corpo della persona anziana istituzionalizzata è prevalentemente oggetto di cure assistenziali e mediche. Si tratta infatti di un corpo non più efficiente, di un corpo sofferente che però non ha perso la sua prerogativa di canale espressivo e comunicativo della vita interiore di chi lo abita.
Nell’accompagnamento dell’anziano il tocco-massaggio consente di comunicare attraverso quello che è l’ultimo dei sensi a scomparire. La cura del corpo trasformato, malato, dolorante, con una mobilità ridotta o assente può realizzarsi attraverso un contatto dolce, caldo, rassicurante, per restituire dignità e identità alla persona ma anche liberare, unificare l’immagine del proprio corpo, riconoscendone le parti vive, presenti e quelle che sono tese, mortificate, già morte.
Il tocco massaggio è dunque un tocco consapevole, confortevole affettivo e empatico, ma che non ha finalità riabilitative. Permette però alla persona che lo riceve di provare benessere e alla persona che lo fa di migliorare la propria capacità di comunicazione psico corporea e in alcuni casi di sentirsi meno impotente di fronte al paziente o al proprio caro.
Tutto ciò in opposizione a un approccio con l’anziano spesso fatto di gesti sbrigativi e frettolosi.
Obbiettivo generale:
Favorire il benessere psico fisico dell’anziano.
Obiettivi specifici:
1) Fare esperienza del proprio corpo in termini positivi e piacevoli
2) Ricercare una forma diversa di comunicazione attraverso il contatto
3) Aiutare l’operatore o il parente a sentirsi meno impotente in particolar modo di fronte all’anziano gravemente disabile e/o demente.
Durante la terza fase del progetto SNOEZELEN (Gennaio 2014-Dicembre 2014) hanno usufruito della camera sensoriale 32 ospiti, divisi per piano e reparto.
All’ interno di essa, gli ospiti che ne hanno beneficiato per due anni, hanno dimostrato in alcuni casi (se ospite generalmente apatico) una maggior iniziativa, capacità di scelta e ricerca di oggetti e sensazioni per lui gradevoli, in casi di agitazione o wandering si è notato sempre all’ interno della stanza, per il tempo di 30 min, una maggior quiete e serenità dell’ospite e la scelta di oggetti come il letto ad acqua o la poltrona.
Obiettivi 2015
1) Mantenere una collaborazione con medici e figure di riferimento (capo-cure, capi reparto e personale curante) per poter monitorare gli effetti positivi e/o negativi e ampliare la casistica degli ospiti che possono usufruire dei benefici della camera sensoriale, da una percentuale del 38% ad una del 70%.
2) Adottare nuove tecniche e materiali al fine di favorire benessere al maggior numero di ospiti ed a lungo termine, anche al di fuori della camera sensoriale.
3) Presentare e organizzare la formazione tecnica sulle camere sensoriali ai familiari in funzione di un’entrata da protagonisti attivi nel progetto Snoezelen in atto.
4) Coinvolgere parenti e familiari in modo da poter ritagliare uno spazio innovativo e “benefico” dove stare con il proprio caro.
5) Informare e presentare ai collaboratori il percorso già svolto e gli obiettivi futuri, attraverso corso di formazione interna.
6) Stendere nuovi grafici qualità.
7) Esporre i risultati di ricerca.
Descrizione e contesto del progetto:
L’area denominata “OASI” si trova concretamente al 3°p nell’ala nuova delle struttura. Essa è costituita da sei camere singole con bagno e doccia privati. Questa parte è complementare al resto del reparto che comprende altre 8 camere con bagni comuni.
Ambito del progetto:
Il reparto in realtà è costituito da 2 sottoinsiemi ben definiti e separati. Nell’ala nuova della struttura (in seguito denominata Oasi) vi era un gruppo omogeneo di ospiti con caratteristiche assistenziale molto simili tra loro e decisamente differenti dalla tipologia di ospiti residenti nel resto del reparto. Nell’Oasi infatti vi soggiornano ospiti con un buon grado di capacità cognitiva e fisica, che necessitano di un supporto medio basso di cura. Inoltre questi ospiti possono tranquillamente integrarsi con le attività comuni del resto della struttura (infatti pranzano al ristorante Fiordaliso al PT e partecipano alle proposte animative in Atelier Girasole). Nella restante parte di reparto soggiornano gli ospiti che necessitano di un notevole supporto di cura, essendo persone cognitivamente e fisicamente molto compromessi. Il concetto di suddivisione di reparto è nato grazie all’esperienza acquisita al 1°piano, organizzati in modalità “foyer” (piccola famiglia di 6 ospiti e un curante).
Risultati finali:
Il sistema ha portato un vento di novità in reparto aumentando il senso di responsabilità dell’operatore assistente di cura che si trova a gestire l’area Oasi.
Evoluzioni future:
Per il futuro prossimo si vuole così sostenere gli ospiti nella loro autonomia, permettendo loro di scegliere liberamente e autonomamente bevande e alimenti.